“In quel tempo, furono portati a Gesù dei bambini perché
imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li rimproverarono. Gesù però disse: In quel tempo, furono
portati a Gesù dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i
discepoli li rimproverarono. E, dopo avere imposto loro le mani, andò via di
là. (Mt 19,13-15)”
Nel Vangelo di questa mattina
Gesù accoglie i bambini, impone loro le mani e prega, i discepoli li vogliono
allontanare, ma Gesù dice: «Lasciateli, non impedite che i bambini vengano a
me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli».
“a chi è come loro”, il bambino
non è che non faccia errori, anche il bambino sbaglia tante volte, perché sta
imparando; sta imparando a come relazionarsi con gli altri, sta imparando a
capire la vita, ma il fatto è che è consapevole di questo e vuole sapere,
chiede sempre perché di ogni cosa. Invece spesso gli adulti pensano di sapere
tutto, di avere le risposte per tutto, di non avere bisogno di nessun saggio consiglio,
ecco la differenza. E Gesù dice: a chi è come loro che appartiene il regno dei
cieli, cioè chi è consapevole che ogni giorno ha da imparare qualche cosa, per
salvare la propria anima, per poter camminare bene, per poter vivere bene, per
capire la vita, il senso della vita.
Dovremmo riflettere, ognuno nel
proprio cuore: come ci poniamo al Signore? come quelli che sanno tutto e non
hanno bisogno di nessun buon consiglio o come chi ha bisogno ancora di
imparare, di capire, di essere aiutato ad entrare nel profondo del proprio
cuore per migliorarsi?
Nella lettura breve Paolo ci
dice: “Fate tutto senza mormorazioni e senza critiche, perché siate
irreprensibili e semplici, figli di Dio immacolati in mezzo a una generazione
perversa e degenere, nella quale dovete splendere come astri nel mondo”. Quante
volte ci siamo fermati a riflettere su questo passaggio della lettera ai
Filippesi, ma ogni volta dovrebbe aiutarci, se noi ci poniamo come bambini, a
capire cose nuove, a guardare la nostra vita, il nostro quotidiano.
Facciamo tutto senza mormorazioni
e senza critiche? oppure abbiamo sempre da dire, da puntualizzare, da
sottolineare in ogni cosa che facciamo, dal lavoro, all’amicizia, siamo capaci di
criticare e di mormorare anche davanti al Signore.
Il Signore ci invita ad amare e a
perdonare, eppure davanti al Signore, nelle nostre mancanze, abbiamo il
coraggio di mormorare, dare la colpa ad altri, come ha fatto Adamo con Eva quando
hanno commesso peccato: “Signore, vedi
non è colpa mia perché è stata lei che mi ha portato a … “ anche di fronte
al Signore siamo capaci di fare queste cose.
Gesù dice – siate semplici – la
semplicità del cuore significa pace, significa allontanare la malizia,
significa vivere ogni momento guardando le situazioni con gli occhi di Dio, con
gli occhi d’amore, di misericordia, l’andare oltre all’apparenza dei gesti,
capirne il senso, essere attenti ai bisogni degli altri e non mormorare e
criticare. Chi siamo noi per fare questo? Pensiamo d’essere perfetti al punto
da poter giudicare gli altri?
Quando vediamo le mancanze degli
altri dovremmo chiedere perdono al Signore delle nostre, perché in quel momento
abbiamo modo di capire che non siamo perfetti, questo dovremmo fare e allora il
Signore ci accoglierà come bambini, imporrà le mani su di noi, pregherà su di
noi e con noi e ci dirà: “a voi appartiene il regno dei cieli”.
Sia lodato Gesù Cristo!