“In
quel tempo Gesù, venuto nella sua patria,
insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da
dove
gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del
falegname?
E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe,
Simone
e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono
allora
tutte queste cose?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse
loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in
casa sua». E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti
prodigi.” (Mt.
13,54-58)
Quale riflessione fare oggi
davanti a un salmo 50, a una lettura della lettera di Paolo agli Efesini, (nelle lodi) dove è
scritto tutto quello che dovrebbe essere la nostra essenza, il nostro modo di
vivere e poi le parole di Gesù, che ci fanno comprendere che se anche noi
parliamo con le parole del Signore, possiamo non essere accettati, creduti,
specialmente dalle persone della nostra patria, della nostra stessa casa.
Nel salmo 50 ogni riga è una riflessione,
partendo da: “Pietà di me, o Dio, secondo
la tua misericordia, nel tuo grande amore cancella il mio peccato.” Chi non
ha bisogno di chiedere al Signore perdono? Perdono per i propri peccati, ma perché
perdono al Signore, nel Suo grande amore? Proprio per il grande amore che nutre
per ognuno di noi, Lui soffre per i nostri peccati perché conosce la sofferenza
della nostra anima quando siamo nel peccato e sa anche che cosa ci può accadere
se perseveriamo nell’errore.
Pietà di me, o Dio, diciamolo con
tutto il cuore, comprendendone tutto il senso: so che mi ami, Signore e soffri
con me, aiutami. “Lavami da tutte le mie
colpe, quello che è male ai Tuoi occhi, io l’ho fatto”, quando noi
commettiamo un peccato, facciamo ciò che è male agli occhi di Dio. Paolo dice: “nessuna parola cattiva esca più dalla
vostra bocca”; cerchiamo di non fare uscire più dalla nostra bocca una
parola cattiva, ma solo parole buone che possano servire per la necessaria
edificazione, per costruirci e per aiutare altri a crescere nell’amore, nella
pace, nella gioia, nella fortezza, nella carità, nella speranza, questo portano
le parole buone, ma noi siamo più bravi a dire quelle cattive!
Dice: “giovando a quelli che ascoltano”, proviamo a pensare se nella
nostra giornata, quando parliamo, ciò che diciamo giova sempre alle persone che
ascoltano? O invece le portiamo su strade sbagliate, col giudizio, con la critica,
senza misericordia. “Non vogliate
rattristate lo Spirito Santo di Dio”, pensate che lo Spirito Santo di Dio è
sempre con noi, come il Padre e come il Figlio, e pensate quanto è rattristato
quando facciamo ciò che è male ai Suoi occhi. E poi continua Paolo, ma va più
nello specifico e scrive: “scompaia da
voi ogni asprezza, sdegno, ira, clamore e maldicenza, con ogni sorta di
malignità”.
Pietà di me, o Dio, pietà di me,
o Dio! quante volte cadiamo in questo, san Paolo continua: “siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi,
perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo.”
“Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclami la Tua lode”.
Ogni volta che apro la mia bocca, Signore, sia solo per proclamare la Tua lode,
e cioè quando siamo misericordiosi, benevoli, senza ira, senza maldicenza, noi
lodiamo il Signore. Come dice Paolo: quando siamo benevoli, quando usiamo
parole che giovano a quelli che ascoltano, che edificano noi stessi e gli altri;
questo è proclamare la lode del Signore!
“Uno spirito contrito è sacrificio a Dio, un cuore affranto e umiliato,
Tu o Dio non disprezzi”. Cosa possiamo donare noi al Signore? è tutto Suo,
ciò che abbiamo è tutto Suo appartiene a Lui, perché quando chiuderemo questi
occhi terreni, non ci porteremo nulla con noi, se non le nostre opere buone, ma
come possiamo compiere opere buone? Solo se offriamo a Dio il sacrificio,
quindi rendiamo sacro il nostro spirito perché è contrito, perché è
dispiaciuto, dispiaciuto di offendere il Signore. E quando noi siamo
dispiaciuti, ci impegniamo e ci muoviamo verso ciò che è buono.
Ecco perché è importante lo
spirito contrito, non si parla di sensi di colpa, che schiacciano, che non fanno
muovere, ma dispiacersi, dire al Signore: “pietà di me, ho sbagliato, ma
aiutami, io voglio rialzarmi, vivere come Tu desideri che io viva, nella gioia,
nella pace, nella Tua pace, non quella del mondo”. “Allora
gradirai i sacrifici prescritti”, cosa ci chiede il Signore? ci chiede di
andare verso l’altro, il bisognoso, lo dice Gesù, alla fine dei tempi, nel giudizio finale ci
chiederà: “Hai dato da mangiare? Hai dato da bere? Hai vestito gli ignudi?”
Quindi quelli sono i sacrifici prescritti che Lui gradirà quando il nostro
cuore sarà contrito e si impegnerà a vivere l’amore, quello che ci insegna il
Signore, la carità.
I sacrifici, senza misericordia e
amore verso l’altro, non servono a nulla. Gesù lo dice chiaro: “misericordia Io voglio e non sacrificio”,
“allora immoleranno vittime sopra il Tuo
altare”, oggi non ci sono più questi modi di offrire e di immolare vittime
sopra l’altare del Signore, il nostro altare è Gesù Cristo* e noi dobbiamo immolare,
far morire, in Lui, con Lui e per Lui il nostro ego, uccidere quella parte di
noi che non ci fa bene, che ci fa solo stare male, perché ci allontana da Dio.
Non è facile, perché a volte anche
le stesse persone della nostra casa ci disprezzano, quelli che sono intorno a noi,
che incontriamo ogni giorno e non capiscono il nostro cambiamento. Gesù ci fa
sentire meno soli in questa situazione a Lui stesso è accaduto: “ma non è
questo il figlio del falegname? Ma sua madre non è Maria?” Come può …? Erano
scandalizzati perché questo uomo parlava e insegnava loro e li lasciava
stupiti. Oggi succede ancora, la conversione lascia tutti stupiti al punto di portare
a giudicare per l’incredulità del cambiamento di una persona, ma noi non
dobbiamo farci fermare dai giudizi, dalle chiacchere, dalle critiche.
Noi dobbiamo camminare con lo
sguardo sempre rivolto a Cristo, questo è importante: sapere che ciò che stiamo
compiendo piace al Signore. Questo ci fa bene e fa bene agli altri, anche se
magari al momento non lo comprendono, non lo apprezzano, ma Gesù ci invita ad
andare avanti “determinati nella verità, con misericordia”.
*«Dal fatto che all’altare si celebra il memoriale del Signore e si
offre ai fedeli il suo Corpo e Sangue, è derivato che gli scrittori
ecclesiastici vedessero nell’altare come un segno (signum) dello stesso Cristo;
e da qui è derivato il dire che l’Altare è Cristo» (Ordo dedicationis Ecclesiae et Altaris)