Tratto dal libro "Lo Spirito Santo in famiglia" di Carlo Maria Martini (Centro Ambrosiano)
IL DONO DEL CONSIGLIO
Trepidazione di giovane donna
Forse si vede già. Forse quello
sguardo che mi segue nella folla ha già indovinato il mio segreto. Forse non
dovrei andare così in fretta, né salire su una metropolitana in cui si sta così
pigiati. Chissà che cosa dirà Paolo! E mi madre? E le mie colleghe di lavoro?
Il mio terzo bambino! E dopo cinque anni!
La gioia, come una nuova
giovinezza, mi ha travolto stamattina, quando ho avuto la certezza. Poi anche
una specie di ansia. Paolo è via per lavoro fino a domani: con chi mi confido?
Questa specie di fastidio che sento è forse un sintomo di qualche cosa che non
va? Come lo spiegherò agli altri due, ormai grandicelli? Ma no, l’ansia non è
per queste piccolezze: c’è uno smarrimento più profondo e una paura più
“fisica”. M trovo così spossata che mi chiedo se avrò energia per far vivere
questa nuova vita, se riuscirò a nutrirla, a tenerla in grembo e poi in braccio
senza farle male.
La competenza del medico che mi
rassicura: “tutto va bene!” mi sembra così professionale che spio lo sguardo e
il volto sospettando che non mi dico tutto.
Le belle risate che Paolo si farà
quando saprà della novità e delle mie paure saranno sincere, ma diranno più la
sua gioia di essere di nuovo padre che la comprensione per quello che sento io.
Ho che nostalgia, ora che sono in
una nuova maternità, di un abbraccio di madre in cui potermi abbandonare e
sentirmi protetta.
Scelte dei giovani, domande dei genitori
Il maggiore ha fatto di testa sua
– e ha sbagliato. Si è iscritto a una facoltà prestigiosa, di sicuro avvenire –
come dicevano – ma troppo difficile. Non è stata una scelta giusta, perché era
mossa dalla moda e dall’ambizione. Ricordo che anche noi eravamo orgogliosi, a
torto e ingenuamente. Ma subito ai primi esami sono cominciati i problemi: il
ragazzo era teso, irrequieto e impreparato. Tornava ogni volta umiliato e
incupito. Abbiamo sbagliato anche noi a insistere: ma del resto, come
arrendersi subito all’inizio? Sono stati anni duri e di una durezza
improduttiva: non sono ancora finiti.
Ora tocca alla ragazza scegliere.
Certo lei è più diligente e ordinata, ha avuto risultati migliori; anche lei
punta a una facoltà difficile. Che fare? Come intuire se si tratta di una
vocazione o di una ingenua velleità? Dobbiamo spingere verso traguardi
impegnativi o consigliare percorsi più modesti? Come distinguere il dovere di
mettere a frutto le proprie doti, trafficare i talenti ricevuti dal presumere
oltre le proprie forze, mettersi a grandi imprese senza avere poi i mezzi per
portarle a compimento?
D’altra parte scegliere bisogna e
ogni scelta ha conseguenze rilevanti. Non vorremmo che, incoraggiando ad ardue
mete, dovessimo poi raccogliere una vita spezzata dalla depressione: è così
sensibile questa ragazza! E neppure vorremmo che consigliando più agevoli
percorsi ci sentissimo un giorno rimproverare: “non avete creduto alle mie
possibilità: eccomi qui, ora, senza prospettive e senza soddisfazioni!. Che
cosa dobbiamo dunque fare?
I turni di guardia e la voce di Dio
Anch’io all’inizio trovavo
insopportabili e inutili i turni di guardia, questo interrompere il sonno nella
notte per prevenire improbabili nemici, queste strane cerimonie capaci di far
imbestialire l’ufficiale di picchetto, queste ore di solitudine e di buio,
imprigionati nell’uniforme e nella garitta. Le trovavo insopportabili. Non che
adesso siano un divertimento, ma devo dire che i turni di guardia mi hanno così
estraniato dalla mia vita frenetica e confusa da farmi nascere tante domande.
La mia vita, finora, è andata
avanti con la fretta e la confusione di chi cammina nel gregge: sempre in
movimento, sempre insieme, sempre chiassosi, come per tacitare le domande,
impedirsi di scegliere, dimenticare che si è in cammino, ma senza avere una idea
della meta.
Ora il servizio militare, la vita
così bizzarra della caserma, i lunghi silenzi dei turni di guardia, la
lontananza dalle consuetudini di casa, così rassicuranti e opprimenti (quanta
nostalgia, ma che liberazione!), mi hanno messo nella condizione strana di
vedere la mia vita – per così dire – dal di fuori. Ecco: è una vita insensata!
Ma non solo questo mi ha regalato
la notte. Anche una intuizione che mi è sembrata riemergere da sogni infantili
dimenticati: forse potrei dedicare la mia vita a qualche cosa di grande, forse,
addirittura, potrei fare il prete!
A volte mi sembra di sentire che
il Signore mi chiede proprio questo e ha cercato di dirmelo i tanti modi. E’
come se improvvisamente tante voci si rivelassero eco di quell’unica voce: la proposta
di un ritiro vocazionale, quando avevo 14 anni; la domanda di quel prete
sconosciuto che durante la confessione – avevo forse 16 anni - mi chiese: “ma tu non hai mai pensato …?”; la
storia così appassionata e così presto finita con Silvia … Altre volte mi sembra
impossibile, anzi presuntuoso che proprio io mi debba fare avanti fino alle
cose sante. E poi: che diranno i miei genitori? C’è pericolo che a mia padre
venga un colpo, ora che conta sul figlio ragioniere per la contabilità della
sua impresa. E la mamma? E i miei amici? chissà che risate si faranno e quante
insinuazioni!
Così queste ore solitarie nella
notte passano in fretta, mentre sfilano i pro e i contro e io proprio non so
che cosa fare.
PREGHIERA E RIFLESSIONE
Invoco con voi e per voi lo Spirito Santo perché effonda il dono del consiglio.
“il dono del consiglio conduce a scegliere bene di fronte alle diverse
alternative che la vita ci propone. Il consiglio guida nella provvisorietà e
nell’incertezza a non fare passi falsi, ci aiuta a discernere, a non essere precipitosi,
a non assolutizzare nulla di ciò che è meno di Dio. Forma pratica del dono del
consiglio è la direzione spirituale che aiuta la persona a orientare e vivere
la propria vita secondo Dio”
La giovane signora che aspetta il
terzo bambino ha trovato finalmente le parole desiderate sulle labbra
dell’antica compagna di scuola che vive da anni ritirata in monastero. Proprio
quella donna che non sa nulla di maternità ha trovato la via del cuore della
giovane signora, più della mamma, che pure ha tanta esperienza, più di Paolo,
il marito affettuoso che l’ha abbracciata così forte quando ha saputo la
notizia, più del medico con tutta la sua competenza. Di fronte alla monaca,
alla sua grata e al suo silenzio, la giovane donna ha saputo sciogliersi le sue
paure e come l’abbraccio di una indescrivibile pace l’ha avvolta alla promessa:
“ogni giorno pregherò per te e per il tuo bambino”. La monaca non le ha
consigliato nulla, non le ha raccomandato nulla; ma l’arte di trasformare una
preghiera un dubbio e una paura ha insegnato alla giovane donna la via della
fiducia.
Sarà forse la vecchia maestra a
consigliare i genitori incerti di incoraggiare la figlia all’audace impresa. La
vecchia maestra non insegna più da molto tempo, è quasi cieca, esce di casa
solo perché i figli l’accompagnano alla Messa di domenica, non ha più molta
salute e anche la voce che zittiva scolaresche irrequiete si è arrochita.
Si direbbe che vive fuori dal
mondo. Eppure la vecchia maestra ha la saggezza di chi ha molto vissuto, ha
molto sofferto e ha molto pregato. Perciò ricorrono a lei per consiglio
genitori incerti sulla scuola da scegliere per i figli, qualche scolaro d’un
tempo fattosi uomo ha piacere di presentare la fidanzata alla vecchia maestra e
forse spera che la ragazza, così bella e che ride così spesso, ne ascolti i
consigli. Arrivano anche i nipotini a confidarle i loro successi e a cercare
conforto nelle loro sconfitte.
E lei, senza darsi importanza,
consiglia tutti, con prudenza e umiltà, quasi senza parere raccontando storie
del tempo andato e intercalando incomprensibili citazioni in latino. E
sorridendo arguta dà l’impressione che i suoi occhi stanchi vedano più lontano.
E il giovane militare
approfitterà di una licenza per cercare il suo prete e scoprire che quello un
po’ se l’aspettava, chissà come. Il giovane militare, impaziente e incerto,
s’aspetta un sì o un no bello chiaro e deciso.
Ma il prete è più saggio di lui: comincia
a insegnargli di nuovo a pregare, pretende che legga tutto un vangelo, gli
consiglia la confessione frequente.
Il giovane militare nelle sue
ultime guardie notturne si rallegra ora d’essere in buone mani, di potersi
fidare; e lui – che certo non era un poeta – si perde ora a guardare le stelle
e si sorprende talora a canticchiare canti di chiesa.