domenica 8 febbraio 2015

Frammenti di vita quotidiana - dono del consiglio


Tratto dal libro "Lo Spirito Santo in famiglia" di Carlo Maria Martini (Centro Ambrosiano)  
IL DONO DEL CONSIGLIO

Trepidazione di giovane donna 
Forse si vede già. Forse quello sguardo che mi segue nella folla ha già indovinato il mio segreto. Forse non dovrei andare così in fretta, né salire su una metropolitana in cui si sta così pigiati. Chissà che cosa dirà Paolo! E mi madre? E le mie colleghe di lavoro? Il mio terzo bambino! E dopo cinque anni!
La gioia, come una nuova giovinezza, mi ha travolto stamattina, quando ho avuto la certezza. Poi anche una specie di ansia. Paolo è via per lavoro fino a domani: con chi mi confido? Questa specie di fastidio che sento è forse un sintomo di qualche cosa che non va? Come lo spiegherò agli altri due, ormai grandicelli? Ma no, l’ansia non è per queste piccolezze: c’è uno smarrimento più profondo e una paura più “fisica”. M trovo così spossata che mi chiedo se avrò energia per far vivere questa nuova vita, se riuscirò a nutrirla, a tenerla in grembo e poi in braccio senza farle male.
La competenza del medico che mi rassicura: “tutto va bene!” mi sembra così professionale che spio lo sguardo e il volto sospettando che non mi dico tutto.
Le belle risate che Paolo si farà quando saprà della novità e delle mie paure saranno sincere, ma diranno più la sua gioia di essere di nuovo padre che la comprensione per quello che sento io.
Ho che nostalgia, ora che sono in una nuova maternità, di un abbraccio di madre in cui potermi abbandonare e sentirmi protetta.

Scelte dei giovani, domande dei genitori 
Il maggiore ha fatto di testa sua – e ha sbagliato. Si è iscritto a una facoltà prestigiosa, di sicuro avvenire – come dicevano – ma troppo difficile. Non è stata una scelta giusta, perché era mossa dalla moda e dall’ambizione. Ricordo che anche noi eravamo orgogliosi, a torto e ingenuamente. Ma subito ai primi esami sono cominciati i problemi: il ragazzo era teso, irrequieto e impreparato. Tornava ogni volta umiliato e incupito. Abbiamo sbagliato anche noi a insistere: ma del resto, come arrendersi subito all’inizio? Sono stati anni duri e di una durezza improduttiva: non sono ancora finiti.
Ora tocca alla ragazza scegliere. Certo lei è più diligente e ordinata, ha avuto risultati migliori; anche lei punta a una facoltà difficile. Che fare? Come intuire se si tratta di una vocazione o di una ingenua velleità? Dobbiamo spingere verso traguardi impegnativi o consigliare percorsi più modesti? Come distinguere il dovere di mettere a frutto le proprie doti, trafficare i talenti ricevuti dal presumere oltre le proprie forze, mettersi a grandi imprese senza avere poi i mezzi per portarle a compimento?
D’altra parte scegliere bisogna e ogni scelta ha conseguenze rilevanti. Non vorremmo che, incoraggiando ad ardue mete, dovessimo poi raccogliere una vita spezzata dalla depressione: è così sensibile questa ragazza! E neppure vorremmo che consigliando più agevoli percorsi ci sentissimo un giorno rimproverare: “non avete creduto alle mie possibilità: eccomi qui, ora, senza prospettive e senza soddisfazioni!. Che cosa dobbiamo dunque fare? 

I turni di guardia e la voce di Dio 
Anch’io all’inizio trovavo insopportabili e inutili i turni di guardia, questo interrompere il sonno nella notte per prevenire improbabili nemici, queste strane cerimonie capaci di far imbestialire l’ufficiale di picchetto, queste ore di solitudine e di buio, imprigionati nell’uniforme e nella garitta. Le trovavo insopportabili. Non che adesso siano un divertimento, ma devo dire che i turni di guardia mi hanno così estraniato dalla mia vita frenetica e confusa da farmi nascere tante domande.
La mia vita, finora, è andata avanti con la fretta e la confusione di chi cammina nel gregge: sempre in movimento, sempre insieme, sempre chiassosi, come per tacitare le domande, impedirsi di scegliere, dimenticare che si è in cammino, ma senza avere una idea della meta.
Ora il servizio militare, la vita così bizzarra della caserma, i lunghi silenzi dei turni di guardia, la lontananza dalle consuetudini di casa, così rassicuranti e opprimenti (quanta nostalgia, ma che liberazione!), mi hanno messo nella condizione strana di vedere la mia vita – per così dire – dal di fuori. Ecco: è una vita insensata!
Ma non solo questo mi ha regalato la notte. Anche una intuizione che mi è sembrata riemergere da sogni infantili dimenticati: forse potrei dedicare la mia vita a qualche cosa di grande, forse, addirittura, potrei fare il prete!
A volte mi sembra di sentire che il Signore mi chiede proprio questo e ha cercato di dirmelo i tanti modi. E’ come se improvvisamente tante voci si rivelassero eco di quell’unica voce: la proposta di un ritiro vocazionale, quando avevo 14 anni; la domanda di quel prete sconosciuto che durante la confessione – avevo forse 16 anni -  mi chiese: “ma tu non hai mai pensato …?”; la storia così appassionata e così presto finita con Silvia … Altre volte mi sembra impossibile, anzi presuntuoso che proprio io mi debba fare avanti fino alle cose sante. E poi: che diranno i miei genitori? C’è pericolo che a mia padre venga un colpo, ora che conta sul figlio ragioniere per la contabilità della sua impresa. E la mamma? E i miei amici? chissà che risate si faranno e quante insinuazioni!
Così queste ore solitarie nella notte passano in fretta, mentre sfilano i pro e i contro e io proprio non so che cosa fare.

PREGHIERA E RIFLESSIONE 

Invoco con voi e per voi lo Spirito Santo perché effonda il dono del consiglio.
“il dono del consiglio conduce a scegliere bene di fronte alle diverse alternative che la vita ci propone. Il consiglio guida nella provvisorietà e nell’incertezza a non fare passi falsi, ci aiuta a discernere, a non essere precipitosi, a non assolutizzare nulla di ciò che è meno di Dio. Forma pratica del dono del consiglio è la direzione spirituale che aiuta la persona a orientare e vivere la propria vita secondo Dio” 

La giovane signora che aspetta il terzo bambino ha trovato finalmente le parole desiderate sulle labbra dell’antica compagna di scuola che vive da anni ritirata in monastero. Proprio quella donna che non sa nulla di maternità ha trovato la via del cuore della giovane signora, più della mamma, che pure ha tanta esperienza, più di Paolo, il marito affettuoso che l’ha abbracciata così forte quando ha saputo la notizia, più del medico con tutta la sua competenza. Di fronte alla monaca, alla sua grata e al suo silenzio, la giovane donna ha saputo sciogliersi le sue paure e come l’abbraccio di una indescrivibile pace l’ha avvolta alla promessa: “ogni giorno pregherò per te e per il tuo bambino”. La monaca non le ha consigliato nulla, non le ha raccomandato nulla; ma l’arte di trasformare una preghiera un dubbio e una paura ha insegnato alla giovane donna la via della fiducia.

Sarà forse la vecchia maestra a consigliare i genitori incerti di incoraggiare la figlia all’audace impresa. La vecchia maestra non insegna più da molto tempo, è quasi cieca, esce di casa solo perché i figli l’accompagnano alla Messa di domenica, non ha più molta salute e anche la voce che zittiva scolaresche irrequiete si è arrochita.
Si direbbe che vive fuori dal mondo. Eppure la vecchia maestra ha la saggezza di chi ha molto vissuto, ha molto sofferto e ha molto pregato. Perciò ricorrono a lei per consiglio genitori incerti sulla scuola da scegliere per i figli, qualche scolaro d’un tempo fattosi uomo ha piacere di presentare la fidanzata alla vecchia maestra e forse spera che la ragazza, così bella e che ride così spesso, ne ascolti i consigli. Arrivano anche i nipotini a confidarle i loro successi e a cercare conforto nelle loro sconfitte.
E lei, senza darsi importanza, consiglia tutti, con prudenza e umiltà, quasi senza parere raccontando storie del tempo andato e intercalando incomprensibili citazioni in latino. E sorridendo arguta dà l’impressione che i suoi occhi stanchi vedano più lontano.
  
E il giovane militare approfitterà di una licenza per cercare il suo prete e scoprire che quello un po’ se l’aspettava, chissà come. Il giovane militare, impaziente e incerto, s’aspetta un sì o un no bello chiaro e deciso.
Ma il prete è più saggio di lui: comincia a insegnargli di nuovo a pregare, pretende che legga tutto un vangelo, gli consiglia la confessione frequente.
Il giovane militare nelle sue ultime guardie notturne si rallegra ora d’essere in buone mani, di potersi fidare; e lui – che certo non era un poeta – si perde ora a guardare le stelle e si sorprende talora a canticchiare canti di chiesa.