"La vita di San Bemedetto" tratto dal libro II dei "Dialoghi" di San Gregorio Magno
Benedetto onduceva vita veramente
santa, e per questo la sua fama si andava divulgando dovunque. Non molto
lontano dallo speco viveva una piccola comunità di religiosi, il cui superiore
era morto di recente. Tutti insieme questi uomini si presentarono al venerabile
Benedetto e lo pregarono insistentemente perché assumesse il loro governo. Il
santo uomo si rifiutò a lungo, con fermezza, soprattutto perché era convinto
che i loro costumi non si sarebbero potuti mai conciliare con le sue
convinzioni. Ma alla fine, quando proprio non poté più resistere alla loro
insistenza, acconsentì.
Li seguì dunque nel loro
monastero. Cominciò subito a vigilare attentamente sulla vita regolare e
nessuno si poteva permettere, come prima, di flettere a destra o a sinistra dal
diritto sentiero dell'osservanza monastica. Questo li fece stancare e
indispettire, e, stolti com'erano, si accusavano a vicenda di essere andati
proprio loro a sceglierlo per loro abate; la loro stortura cozzava troppo
contro la norma della sua rettitudine.
Si resero conto che sotto la sua
direzione le cose illecite non erano assolutamente permesse e d'altra parte le
inveterate abitudini non se la sentivano davvero di abbandonarle: è tanto
difficile voler impegnare per forza a nuovi sistemi anime di incallita
mentalità!
E cosa purtroppo notoria che chi
si comporta male trova sempre fastidio nella vita dei buoni; e così quei
malvagi si accordarono di cercar qualche mezzo per togliergli addirittura la
vita. Ci furono vari pareri e infine decisero di mescolare veleno nel vino, e a
mensa, secondo una loro usanza, presentarono all'abate per la benedizione il
recipiente di vetro che conteneva la mortale bevanda.
Benedetto alzò la mano e tracciò
il segno della croce.Il recipiente era sorretto in
mano ad una certa distanza: il santo segno ridusse in frantumi quel vaso di
morte, come se al posto di una benedizione vi fosse stata scagliata una pietra.
Comprese subito l'uomo di Dio che quel vaso non poteva contenere che una
bevanda di morte, perché non aveva potuto resistere al segno che dona la vita.
Si alzò sull'istante, senza
alterare minimamente la mitezza del volto e la tranquillità della mente, fece
radunare i fratelli e disse semplicemente così: "Io chiedo al Signore che
voglia perdonarvi, fratelli cari: ma come mai vi è venuto in mente di
macchinare questa trama contro di me? Vi avevo detto che i nostri costumi non
si potevano accordare: vedete se è vero? Adesso dunque basta così; cercatevi
pure un superiore che stia bene con la vostra mentalità, perché io, dopo questo
fatto, non me la sento più di rimanere con voi".
E se ne tornò alla grotta
solitaria che tanto amava, ed abitava lì, solo solo con se stesso, sotto gli
occhi di Colui che dall'alto vede ogni cosa.
Pietro: non capisco bene
l'espressione che hai detto: "abitava solo solo con se stesso".
Gregorio: ti spiego
meglio. Se il santo uomo avesse voluto tenere per forza lungo tempo sotto il
suo governo quei monaci che erano unanimi contro di lui ed avevano abitudini
tanto diverse dalle sue, forse sarebbe stato spinto a sospendere la sua
austerità e a perdere la sua costante tranquillità, distogliendo l'occhio della
mente dalla radiosa contemplazione. Forse, esaurito dalle quotidiane
riprensioni e castighi che era necessario dare, avrebbe atteso con minore
slancio al suo perfezionamento, e forse avrebbe finito col perdere di vista la
propria anima, senza riuscire a guadagnare quella degli altri.
Certo, ogni volta che siamo fuori
di noi stessi a causa di ansiose preoccupazioni, siamo con noi e non siamo con
noi, perché non vedendo più bene noi stessi, ci andiamo svagando in altre
vanità.
Si può dire, per esempio, che era
in se stesso quel tale che emigrò in lontana regione, sciupò l'eredità
ricevuta, si mise a servizio di un cittadino, fu relegato a pascere porci e
mentre questi mangiavano le ghiande, lui disgraziato soffriva di fame? In
seguito, però, quando lo invase il ricordo dei beni perduti, di lui è scritto così:
"Tornato in sé, disse: quanti mercenari in casa di mio padre abbondano di
pane!". Vuol dire che prima era uscito da sé, altrimenti da dove avrebbe
fatto ritorno a sé?
Mi è piaciuto dunque, parlando di
questo venerabile uomo, usare l'espressione "abitò con se stesso",
perché sempre vigilante nel custodirsi, sempre sotto gli occhi del Creatore,
esaminando e considerando unicamente se stesso, non divagò mai fuori di sé
l'occhio dell'anima sua.
Pietro: e allora come si
spiega quello che è scritto di Pietro Apostolo che, liberato dal carcere,
"tornò in sé e disse: ora capisco che il Signore ha mandato il suo angelo
e mi ha salvato dalle mani di Erode e di tutta la gente giudaica che era in
attesa"?
Gregorio: Caro Pietro, in
due maniere noi possiamo uscire da noi stessi: o precipitando sotto di noi per
il peccato di pensiero o innalzandoci al di sopra di noi per la grazia della
contemplazione. Colui, per esempio, che invidiò i porci, cadde al di sotto di
sé, a causa della sua mente svagata ed immonda. Pietro invece che dall'angelo
fu sciolto dalle catene, e fu rapito nell'estasi, anche lui, certo, uscì da se
stesso, ma fu innalzato al di sopra di sé. Ambedue poi ritornarono in se
stessi, l'uno quando dalla sua condotta colpevole riprese padronanza del suo
cuore, l'altro quando dalla sublimità della contemplazione riacquistò la comune
coscienza come l'aveva prima.
E' dunque esatto dire che il
venerabile Benedetto in quella solitudine abitò con se stesso, perché tenne in
custodia se stesso entro i limiti della propria coscienza. Quando invece lo
slancio della contemplazione lo rapì in alto, allora certamente lasciò se
stesso, ma al di sotto di sé.
Pietro: è proprio interessante
quello che dici. Ora però vorrei forti un'altra domanda. Vorrei che mi dicessi
se ha fatto bene a lasciare i fratelli, dopo aver accettato di governarli.
Gregorio: senti, Pietro,
io ritengo che se in un gruppo di persone cattive ve ne sia qualcuna cui si
possa portar dell'aiuto, allora è bene che si sopportino con serena pazienza.
Ma quando non si vede neanche l'ombra di un buono da cui sperare un po' di
frutto, allora è proprio tempo e lavoro sprecato tutto quello che si fa per i
cattivi, specialmente poi se vi siano a portata vicina altre attività che
giovino maggiormente alla gloria di Dio. Su chi sarebbe rimasto a vigilare
il santo, quando vedeva che tutti senza eccezione eran d'accordo a
perseguitarlo? E poi dobbiamo anche tener presente questo: che spesso i santi,
quando si accorgono che ove sono lavorano inutilmente, maturano nell'anima la
deliberazione di andarsene altrove, in luogo più fecondo alle fatiche
dell'apostolato.
Persino Paolo, quel nobilissimo predicatore che bramò di
morire per vivere con Cristo, per il quale la vita era Cristo e la morte un
guadagno, il quale non solo bramò la sofferenza e la lotta per sé, ma ne
infervorò anche gli altri, ebbene anche lui, perseguitato in Damasco, per poter
evadere dalle mura cercò una fune e una sporta e di nascosto volle esser calato
fuori. Avremmo il coraggio di sostenere che Paolo abbia avuto paura della
morte, mentre lo sentiamo affermare di desiderarla per amore di Cristo?
Certamente no. Fu invece così, che, prevedendo in quel luogo ben poco frutto
con grandi fatiche, volle conservare la vita per altro luogo con fatiche più
fruttuose. Quel forte campione di Dio sdegnò rimanere chiuso di dentro le mura
e andò in cerca del campo di battaglia all'aperto.
Ti accorgerai presto, se avrai
piacere di ascoltarmi ancora, che anche il venerabile Benedetto lasciò per
conto loro quei pochi indocili vivi, ma risuscitò altrove moltissimi cuori
dalla morte dell'anima.