"In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai”; chi avrà ucciso
dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira
con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi
dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi
gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna. Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo
fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a
offrire il tuo dono. Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con
lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla
guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non
uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!»."(Mt.
5,20-26)
La
giustizia dei Farisei e degli Scribi era basata su leggi umane, ma la giustizia
a cui noi tutti siamo chiamati è la giustizia di Dio, o meglio, valutare le
relazioni, le situazioni della vita basandoci sulla legge di Dio che è: l’amore.
Se non sarà questo il nostro parametro di giudizio non entreremo nel Regno dei
cieli.
Ma
anche chi insulta il proprio fratello (fratello inteso come l’altro che può
essere il padre, il figlio, gli amici, i colleghi) sarà destinato al fuoco della
Geènna e così non potrà gustare Regno dei cieli. Il fatto è che se noi
insultiamo l’altro, non siamo più portatori degli insegnamenti di Gesù, non
usiamo più la nostra bocca per portare parole di rispetto e di amore. Dalla
nostra bocca, da noi che diciamo di essere cristiani, facciamo uscire giudizi e
volgarità, o addirittura bestemmie invece che portare parole edificanti.
Bellissime
anche le parole di San Paolo dalla lettera ai Romani 14,17-19 (lettura breve
delle lodi): “Il regno di Dio non è questione di cibo o di bevanda, ma è
giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo: chi serve il Cristo in queste
cose, è bene accetto a Dio e stimato dagli uomini. Diamoci dunque alle opere
della pace e alla edificazione vicendevole.”
Nella
nostra giornata operiamo sempre per la pace o ci impegniamo per portare
divisioni, il nostro fare è un invito all’edificazione, alla costruzione del
proprio essere come tempio del Signore, oppure scandalizza chi sta intorno a
noi che invece di avvicinarsi alla fede scappa perché vede solo non coerenza e falsità?
“Se
dunque tu presenti la tua offerta all’altare”, quale offerta gradisce Dio da
noi? Cosa possiamo offrire al Signore se non le nostre azioni e le buone
relazioni vissute con i nostri fratelli spinte dalla misericordia, dal perdono,
dalla mitezza.
Cerchiamo
sempre una soluzione pacifica nelle situazioni che non ci vedono d’accordo con
altri, parliamone serenamente per chiarire, non teniamo rancori, perché se non
viviamo spinti dalla legge dell’amore, ma con la legge di questo mondo, che è
egoismo e superbia, e finchè non ci renderemo conto di questo errore, ci ritroveremo a vivere nella nostra prigione interiore: la
sofferenza del cuore.