Nella liturgia di oggi sabato 22 marzo abbiamo letto quel passaggio del Vangelo che tutti conoscono con il nome della parabola del "Figliol prodigo" o del "Padre misericordioso" (Lc.15,1-3;11-32)
Questa è la parabola che io amo molto, perché ci fa
comprendere come a volte noi ci comportiamo nella nostra vita nei confronti di
Dio, nostro Padre. A volte siamo come il figlio più giovane che si allontana da
Lui e sperpera quello che di più bello ci ha donato: l’amore, la capacità di amare.
Ma come viene sperperata? Alla fine
della parabola il fratello maggiore dice – con le prostitute –. Gesù usa questo
termine, non tanto per disprezzare queste donne che Lui, con tanta
misericordia, con tanta delicatezza e amore invita alla conversione, ma per
farci capire che a volte noi viviamo la nostra vita non nell’amore, infatti nel
rapporto con una prostituta non c’è amore, c’è solo il piacere della carne, e
questo piacere terreno noi lo viviamo verso molte cose, dimenticandoci l’amore
vero, quello che ci insegna Gesù.
Lo viviamo nella
superbia: che è egoismo, orgoglio, voler essere sempre i primi, i migliori, non
interessarsi degli altri.
Lo viviamo nell’avarizia:
diamo più importanza all’avere che all’essere, ad avere soldi, possedere cose
materiali, piuttosto che essere come il Signore ci vuole. Ci si affida più al
denaro che a Dio, dice Gesù: “Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure si
affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e la
ricchezza.”
E poi c’è l’ira, ci
può essere amore nell’ira? Quando non viviamo il perdono, non viviamo la misericordia
verso gli altri non ci può essere amore.
Lussuria, dove
sta l’amore nella lussuria? Quando si parla di lussuria si intende vivere i
rapporti intimi senza amore e senza rispetto, ma solo per il proprio piacere.
Si calpestano i sentimenti, non si “incontra” una persona, ma solo un oggetto
che soddisfa i desideri e i piaceri della carne.
Abbiamo poi l’invidia,
c’è amore forse nell’invidia? Ci comportiamo come il figlio maggiore, che
invece di gioire per il bene del fratello, di averlo rincontrato sano e salvo,
disprezza il comportamento del padre che è nell’amore, che è nella misericordia
che è nel perdono.
Poi il vizio della
gola, che non è il mangiare con piacere, chi soffre del veleno della gola,
pensa solo per sé, esprime il suo desiderio di ingozzarsi, divorando fuori ciò
che gli manca dentro; è sempre questo veleno anche quando è vissuto in difetto,
in quelle patologie dove le persone rifiutano il cibo, perché è un consumarsi
dentro, e anche qui non c’è amore, né per se stessi, né per gli altri.
E in fine l’accidia:
questa pigrizia spirituale che ci accompagna piano piano alla chiusura, a non
vedere più luce, non sentire più la speranza, ad arrivare addirittura alla depressione,
e anche qui non c’è amore.
Quante volte noi
ci comportiamo così come il fratello più piccolo, che come abbiamo detto prima,
ha sperperato l’eredità che Dio ha dato ad ognuno di noi, l’ha sperperato per
queste cose, per ciò che non è amore; e uguale il figlio più grande, perché lui
è rimasto nella casa del padre, ma non è stato certo l’amore che l’ha fatto
rimanere lì, forse la paura, l’interesse?
Quando diciamo di
avere fede, di servire il Signore, di dedicarci a Lui, lo facciamo davvero con
tutto il cuore? Lo facciamo realmente nel rispetto dell’altro, nella delicatezza,
nella gentilezza, nella carità che è l’amore incondizionato? O siamo anche noi
come questo figlio maggiore?
Ti preghiamo
Signore, aiutaci a essere come quel padre misericordioso che rispetta la
libertà, che accoglie, che perdona, che desidera rivestirci di dignità; fa che
anche noi desideriamo fare questo verso i nostri fratelli e non essere gelosi o
giudicarli come facevano i farisei e gli scribi: “Costui accoglie i peccatori e
mangia con loro”.
Un abbraccio