martedì 28 gennaio 2014

San Tommaso d'Aquino



San Tommaso d'Aquino scrive assistito dagli angeli - Guercino 

Domenicano (1244), formatosi nel monastero di Montecassino e nelle grandi scuole del tempo, e divenuto maestro negli studi di Parigi, Orvieto, Roma, Viterbo e Napoli, impresse al suo insegnamento un orientamento originale e sapientemente innovatore. Affidò a molti scritti impegnati e specialmente alla celebre ‘Summa’ la sistemazione geniale della dottrina filosofica e teologica raccolta dalla tradizione. Ha esercitato un influsso determinante sull’indirizzo del pensiero filosofico e della ricerca teologica nelle scuole dei secoli seguenti. (Mess. Rom.)
Sacerdote dell’Ordine dei Predicatori e dottore della Chiesa, che, dotato di grandissimi doni d’intelletto, trasmise agli altri con discorsi e scritti la sua straordinaria sapienza. Invitato dal beato papa Gregorio X a partecipare al secondo Concilio Ecumenico di Lione, morì il 7 marzo lungo il viaggio nel monastero di Fossanova nel Lazio e dopo molti anni il suo corpo fu in questo giorno traslato a Tolosa. (Martirologio Romano)

“Gli ultimi mesi della vita terrena di Tommaso restano circondati da un’atmosfera particolare, misteriosa direi. Nel dicembre del 1273 chiamò il suo amico e segretario Reginaldo per comunicargli la decisione di interrompere ogni lavoro, perché, durante la celebrazione della Messa, aveva compreso, in seguito a una rivelazione soprannaturale, che quanto aveva scritto fino ad allora era solo “un mucchio di paglia”. È un episodio misterioso, che ci aiuta a comprendere non solo l’umiltà personale di Tommaso, ma anche il fatto che tutto ciò che riusciamo a pensare e a dire sulla fede, per quanto elevato e puro, è infinitamente superato dalla grandezza e dalla bellezza di Dio, che ci sarà rivelata in pienezza nel Paradiso. Qualche mese dopo, sempre più assorto in una pensosa meditazione, Tommaso morì mentre era in viaggio verso Lione, dove si stava recando per prendere parte al Concilio Ecumenico indetto dal Papa Gregorio X. Si spense nell’Abbazia cistercense di Fossanova, dopo aver ricevuto il Viatico con sentimenti di grande pietà.

La vita e l’insegnamento di san Tommaso d’Aquino si potrebbero riassumere in un episodio tramandato dagli antichi biografi. Mentre il Santo, come suo solito, era in preghiera davanti al Crocifisso, al mattino presto nella Cappella di San Nicola, a Napoli, Domenico da Caserta, il sacrestano della chiesa, sentì svolgersi un dialogo. Tommaso chiedeva, preoccupato, se quanto aveva scritto sui misteri della fede cristiana era giusto. E il Crocifisso rispose: “Tu hai parlato bene di me, Tommaso. Quale sarà la tua ricompensa?”. E la risposta che Tommaso diede è quella che anche noi, amici e discepoli di Gesù, vorremmo sempre dirgli: “Nient’altro che Te, Signore!” (BENEDETTO XVI  UdienzaGenerale Mercoledì, 2 giugno 2010)  

Dalle «Conferenze» di san Tommaso d'Aquino:

Nessun esempio di virtù è assente dalla croce

Fu necessario che il Figlio di Dio soffrisse per noi? Molto, e possiamo parlare di una duplice necessità: come rimedio contro il peccato e come esempio nell'agire.
Fu anzitutto un rimedio, perché è nella passione di Cristo che troviamo rimedio contro tutti i mali in cui possiamo incorrere per i nostri peccati.
Ma non minore è l'utilità che ci viene dal suo esempio. La passione di Cristo infatti è sufficiente per orientare tutta la nostra vita.
Chiunque vuol vivere in perfezione non faccia altro che disprezzare quello che Cristo disprezzò sulla croce, e desiderare quello che egli desiderò. Nessun esempio di virtù infatti è assente dalla croce.
Se cerchi un esempio di carità, ricorda: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15,13).
Questo ha fatto Cristo sulla croce. E quindi, se egli ha dato la sua vita per noi, non ci deve essere pesante sostenere qualsiasi male per lui.
Se cerchi un esempio di pazienza, ne trovi uno quanto mai eccellente sulla croce. La pazienza infatti si giudica grande in due circostanze: o quando uno sopporta pazientemente grandi avversità, o quando si sostengono avversità che si potrebbero evitare, ma non si evitano.
Ora Cristo ci ha dato sulla croce l'esempio dell'una e dell'altra cosa. Infatti «quando soffriva non minacciava» (1Pt 2,23) e come un agnello fu condotto alla morte e non aprì la sua bocca (cfr. At 8,32). Grande è dunque la pazienza di Cristo sulla croce: «Corriamo con perseveranza nella corsa, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede. Egli in cambio della gioia che gli era posta innanzi, si sottopose alla croce, disprezzando l'ignominia» (Eb 12,2).
Se cerchi un esempio di umiltà, guarda il cocifisso: Dio, infatti, volle essere giudicato sotto Ponzio Pilato e morire.
Se cerchi un esempio di obbedienza, segui colui che si fece obbediente al Padre fino alla morte: «Come per la disobbedienza di uno solo, cioè di Adamo, tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l'obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti» (Rm 5,19).
Se cerchi un esempio di disprezzo delle cose terrene, segui colui che è il re dei re ed il Signore dei signori, «nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza» (Col 2,3). Egli è nudo sulla croce, schernito, sputacchiato, percosso, coronato di spine, abbeverato con aceto e fiele.
Non legare dunque il tuo cuore alle vesti ed alle ricchezze, perché «si son divise tra loro le mie vesti» (Gv 19,24); non agli onori, perché ho provato gli oltraggi e le battiture (cfr. Is 53,4); non alle dignità, perché intrecciata una corona di spine, la misero sul mio capo (cfr. Mc 15,17) non ai piaceri, perché «quando avevo sete, mi han dato da bere aceto» (Sal 68,22).

Buona giornata!