“In quel tempo, Gesù diceva
[alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul
terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come,
egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la
spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito
egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura». Diceva: «A che cosa
possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo?
È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più
piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce
e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli
uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».Con molte parabole dello
stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza
parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.”
(Mc. 4,26-34)
La Parola di Dio, qui in questo
mondo, dove c’è tanto chiasso, il rumore di tante cose, rumore che non entra
solo nelle orecchie e nella testa, ma anche nel cuore. C’è caos, disordine: c’è
disordine nel fare, disordine nell’amare, disordine nel pensare, e la Parola di
Dio in questo caos, è lontana, piccolissima. Piccolissima perché noi la
rendiamo così, perché diamo più importanza ad altro.
Per alcuni è insignificante,
per altri invece è fastidio, per altri ancora è una sciocchezza, ma Gesù ci insegna che se quel
piccolo seme, se anche tra tutte queste voci, questa piccola voce che non ha l’attrattiva
dirompente della materia, viene ascoltata e quindi seminata nel terreno, che
siamo noi, diventa il “più grande di tutte le piante dell’orto, e fa rami così
grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra.” Quando
noi ascoltiamo la Parola, ma l’ascoltiamo davvero, quando questo piccolo seme
in mezzo ai rumori della vita, riesce ad attecchire dentro di noi, ci fa fare
cose grandi.
San Paolo scrive: “Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte.” (2Cor. 12,9-10)
La potenza di Cristo è quel granello
di senape, quella piccola voce, ma quel piccolo granello diventa potenza di
Cristo in noi se questo seme germoglia, cresce. Perciò, dice Paolo, mi
compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle
persecuzioni, nelle angosce.
Quando ci sono tutti questi pensieri
la voce della Parola si fa ancora più piccola, perché siamo tutti presi dalle
nostre cose, dalle nostre sofferenze, dal come risolverle, lasciando fuori
Gesù, sicuramente facciamo tanta fatica, se invece accogliamo quel piccolo seme
riusciremmo ad affrontarle in maniera completamente diversa; ecco il grande
albero dove gli uccelli possono fare il nido e trovare ristoro. Cristo è il
grande albero e può esserlo anche per noi e in noi, se noi Lo accogliamo nella
nostra vita e siamo terreno buono.
Allora chiediamo al Signore di
aiutarci a dare spazio alla Sua voce, fra tutte quelle voci di questo mondo,
che sono molto allettanti, persuasive, un po’ come le pericolose sirene di
Ulisse, che attiravano i marinai verso di loro perché le navi si fracassassero
contro gli scogli e trovavano la morte.
Abbiamo bisogno anche noi di
farci legare, per non correre verso le sirene di questo mondo? Quello che ci
aiuta, ci lega per non cadere nel tranello, è la volontà e la vigilanza; il
desiderio di non correr dietro a quello che non è veritiero, non è sicurezza, a
ciò che è la morte per la nostra anima.